Minori sui social network: tra libertà di espressione del genitore e tutela della riservatezza del figlio

3 Aprile 2025

  1. Il fenomeno dello sharenting

Nel 2016 una ricerca dell’organizzazione inglese The Parent Zone rileva che i genitori pubblicano quasi millecinquecento foto dei figli prima che questi compiano cinque anni, con una media di circa trecento immagini all’anno.

Uno studio italiano pubblicato a fine 2017 sulla Rivista italiana di educazione familiare attesta che il fenomeno del cd. sharenting è più diffuso per i bambini da zero a tre anni, le cui foto sono condivise dall’86% dei genitori, e tende poi a diminuire con la crescita dei figli.

Il neologismo “sharenting”, coniato negli Stati Uniti, deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), e consiste nel fenomeno della pubblicazione online da parte dei genitori di contenuti che hanno come protagonisti i propri figli minorenni: dalla condivisione dell’ecografia, alle immagini che ritraggono momenti importanti per il bambino, fino alle foto di vita quotidiana.

È, dunque, necessario che i “grandi” siano consapevoli dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete (tendenzialmente per sempre) delle loro foto, anche in termini di utilizzo di immagini a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque impropri da parte di terzi.

Lo sharenting è un fenomeno sottoposto di recente all’attenzione del giurista, soprattutto per i rischi che comporta sull’identità digitale del minore e quindi sulla corretta formazione della sua personalità. Occorre, pertanto, esaminare le principali implicazioni giuridiche che derivano dalla presenza nell’ambiente digitale dei minorenni. Tra queste, senza dubbio, la tutela della riservatezza dei minori e la responsabilità diretta dei genitori.

  • Tutela del minore: diritto all’oblio

Il primo e più rilevante aspetto critico è la creazione di un’identità digitale del minore, con una conseguente reputazione online, senza che quest’ultimo possa prestare un effettivo consenso informato, con possibile violazione dell’art. 10 c.c. (rubricato “Abuso dell’immagine altrui”).

In Italia il Codice Privacy stabilisce che solo a partire dai 14 anni un minore può esprimere autonomamente il consenso al trattamento dei propri dati personali (cd. consenso digitale); prima di questa età è, infatti, necessario il consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale.

Questa situazione potrebbe comportare, dunque, l’eventuale necessità per il minore, una volta maggiorenne, di esercitare il diritto all’oblio perché possa essergli restituito l’anonimato digitale. In particolare, il Codice Privacy prevede che il diritto all’oblio è particolarmente rilevante se l’interessato ha prestato il proprio consenso quando era minore, e quindi inconsapevole dei rischi derivanti dal trattamento, e vuole successivamente eliminare la pubblicazione dei propri dati dal web.

  • Responsabilità dei genitori

Rileva, inoltre, il problema della cd. contenutizzazione secondaria: foto, audio e video riguardanti minori possono essere utilizzati da soggetti terzi per creare contenuti di tipo diverso, fino a diventare materiale pedopornografico.

In proposito, il Tribunale di Trani con sentenza del 30 agosto 2021 ha accolto il ricorso presentato da un padre al fine di ottenere la rimozione delle foto della figlia pubblicate su TikTok dalla madre senza il suo consenso. Il giudice ha affermato che il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network, in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, che potrebbero avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte online, nonché trarre dalle foto materiale pedopornografico da far circolare in rete.

Dello stesso avviso è il Tribunale di Rieti (sentenza del 17 ottobre 2022), secondo cui l’attività di pubblicazione di fotografie di figli (sotto i quattordici anni) costituisce “atto che eccede l’ordinaria amministrazione”, poiché ha ad oggetto il trattamento di dati personali, e quindi comporta la necessità di un comune accordo tra i genitori ai sensi dell’art. 320 c.c..

  • Suggerimenti ai genitori del Garante della privacy

Il Garante della protezione dei dati personali ha recentemente diffuso un elenco di regole e di raccomandazioni indirizzato ai genitori che contiene suggerimenti per limitare la diffusione online di contenuti che riguardano i propri figli. Tra queste:

  • rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti, disponibili anche gratuitamente online);
  • coprire semplicemente i volti con una “faccina” emoticon;
  • limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono.
  • Conclusioni

Da quanto detto si evince che il quadro normativo e giurisprudenziale in materia di tutela alla riservatezza digitale del minore è piuttosto complesso.

Si consideri, infatti, che nel 2024 sono state presentate ben quattro proposte di legge, ancora in attesa di approvazione, volte a dettare una tutela normativa effettiva del minore che è utilizzato come contenuto digitale.

Alla luce della complessità della materia e della rilevanza degli interessi da tutelare, si coglie l’importanza di affidarsi a professionisti competenti ed esperti. Lo Studio è in grado di fornire assistenza al genitore coinvolto da situazioni di sharenting, al fine di realizzare la migliore protezione dell’interesse del minore.

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